Pestilenze: dall'AIDS alle reti di comunicazione ; virus e contaminazione come metafora del nostro tempo
In: Contatti 198
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In: Mondi migranti: rivista di studi e ricerche sulle migrazioni internazionali, Heft 2, S. 47-62
ISSN: 1972-4896
In: Sociologia e ricerca sociale: SRS, Heft 120, S. 139-160
ISSN: 1971-8446
Parlare di immigrazione, della raffigurazione pubblica dell'immigrazione, significa parlare prima di tutto dell'Italia, della qualità della sua classe dirigente e della formazione delle politiche pubbliche, della responsabilità della sua informazione, dei sentimenti e del civismo della sua popolazione. Parlare di immigrazione significa anche parlare del volontariato e delle tante associazioni che innervano il tessuto sociale, della capacità di aiutare italiani e italiane a comprendere e affrontare il cambiamento rimanendo insieme, di sostenere la pubblica amministrazione nella sua azione. In qualche modo la sfida delle migrazioni globali ha sottoposto l'Italia ad una prova, rivedendone in un rapido rewind la reazione, possiamo provare a osservarne i risultati, a farne un bilancio. Nel nostro immaginario, come nelle ricostruzioni sull'argomento, il rapporto dell'Italia con l'immigrazione pare diventare, automaticamente, un racconto mediale. Opinione pubblica, fatti, dibattiti politici tutti giocati all'interno dell'ambiente formato dai mezzi di comunicazione di massa. L'opinione, il vissuto, la coscienza dei fenomeni avviene, ovviamente, per il tramite della realtà mediale. Forse in questo criterio di lettura nasce uno dei tanti pregiudizi presenti su questo tema. L'agenda dei media si è sovrapposta a quella politica diventando entrambe anche, e forse troppo spesso, costruttrici dei processi sociali. E il nostro immaginario, come quello dei media, si edifica intorno a momenti chiave, eventi, grandi avvenimenti e dibattiti. E intorno a questi si costruisce il nostro ricordo collettivo e l'evoluzione della narrazione dell'immigrazione, ovvero dell'Italia come Paese di migrazioni.
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La società civile "sale in politica". La comunicazione politica nelle elezioni politiche 2013 ha visto un forte riferimento alla partecipazione civica nelle liste elettorali ma, più che in passato, le organizzazioni non profit e i movimenti sociali sono intervenuti durante la campagna per reclamare attenzione per temi e argomenti o per chiedere impegni ai candidati. L'articolo analizza trenta iniziative pubbliche – tutte caratterizzate da una forte e quasi esclusiva presenza sul web e sui social media – con l'obiettivo di verificare la capacità di queste organizzazioni di progettare o realizzare un'attività di campaign o lobbying, ma soprattutto di verificare la possibili-tà di intervenire nella scena pubblica, di prendere parola, di far ascoltare la propria voice. I risultati, attraverso l'analisi degli strumenti utilizzati e della presenza di queste realtà sui news media, se da un lato confermano la crescente competenza manageriale delle organizzazioni non profit nel costruire iniziative di advocacy e comunicazione, confermano anche la sostanziale negazione dello spazio di agenda a queste iniziative.Throughout the 2013 political elections, political communication has seen a great increase in referring to the civic engagement to electoral lists; more than ever, non profit organizations and social movements have claimed attention on specific issues and asked the candidates their commitment. This article analyses thirty public initiatives – all marked by a strong and almost exclusive presence on the web and social media – with the aim of verifying the capacity of such organizations to plan or realize campaigning or lobbying actions; more specifically, the goal is to verify their chances of intervention on the public scene, of speech, of having their voice listened to. The results, obtained through the analysis of tools used and of the presence of these actors on news media, on the one hand confirm the growing managing capacity of non profit organizations in advocacy and communication initiatives, but on the other attest also the substantial agenda denial to such initiatives.
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In: Lingue e Linguaggi; Volume 25 (2018) - Special Issue; 17-44
Abstract – Media play a central role in the process of symbolic and social construction of reality; the news trace the outlines of the spaces defining the identities – who is in, the belonging, who is the other, as well as the explanatory dimensions and the attributions of responsibility that prelude the formation of public policies – what happens and what should be done. In the decades-long experience of Italy and other advanced countries, this role is particularly evident in the representation of migratory phenomena. Many researches, over the years, have investigated the ability or (more often) the inability of journalism to read the complexity of this phenomenon, providing a panorama drawn by some consolidated frames, a repertoire of recurring images, iconic representations of the foreigner, of the 'evil', of the 'enemy' and of the 'different'. Given the diversification of situations, events, political-institutional frameworks, this landscape maintains consistency in the construction of a discursive space that regenerates national and community membership and legitimate policies of exclusion. Adopting a sociological perspective on communication and media studies, the contribution explores the contours of this cultural horizon through data and case histories from empirical paths and the international literature on the subject. Our conclusion is that there are three prevalent frames – 'security', 'crisis', 'pietistic' – in which iconic, linguistic and metaphorical apparatuses define the most common interpretative keys in the journalistic representation of the migratory phenomenon.
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